UMBERTIDE – Non si ferma lo sciame sismico che sta interessando il territorio di Umbertide. Dopo la scossa delle 20.08 di giovedì 9 marzo, la più forte di magnitudo 4.6, i sismografi hanno registrato almeno una settantina di repliche di bassa intensità. A riportarlo è l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che sul proprio sito internet (www.ingv.it) pubblica in tempo reale i terremoti registrati in Italia e nel mondo.
Si tratta di scosse di intensità inferiore a magnitudo 2 (delle 70 scosse registrate in 36 ore, solo cinque hanno superato magnitudo 2), localizzate ad una profondità che oscilla tra i 4 e i 9 km. Repliche che rientrano nella normale evoluzione di un forte evento sismico, come confermato dal prof. Marco Menichetti, docente di “Geologia dei terremoti” e “Tettonica” presso l’Università di Urbino, che conosce molto bene la geologia dell’area della val Tiberina.
“Un terremoto si verifica quando nella crosta terrestre viene accumulata tanta energia elastica fino a quando la massa rocciosa si rompe attraverso una faglia. L’energia liberata attraverso le onde sismiche nella scossa principale tende poi ad esaurirsi nel corso del tempo anche attraverso una serie di repliche di intensità minore ed è necessario un certo tempo al fine di ripristinare uno stato di quiescenza. – spiega il prof. Menichetti – Il terremoto che ha avuto come epicentro la zona di Umbertide rientra nella casistica storica degli eventi sismici tipici di questa area del pre-Appennino umbro, terremoti generati da faglie distensive che interessano questa parte della crosta terrestre”.
Quella dell’Alta Valle del Tevere è infatti un’area con una sismicità intensa e frequente, per la presenza di numerose faglie, molto note e studiate in superficie. Si tratta di faglie attive, come ha spiegato il prof. Menichetti, da almeno un milione e mezzo di anni, responsabili della formazione della Valle del Tevere.
“Nella zona di Umbertide è nota la presenza di faglie, sia sulla riva destra che in quella di sinistra della valle – afferma ancora il prof. Menichetti – Si tratta di faglie delle quali si conoscono le loro caratteristiche geometriche e cinematiche in superficie, ma la loro continuazione in profondità, nella crosta a qualche chilometro dove avvengono i terremoti, è ancora non completamente chiara ed oggetto di dibattito nella comunità scientifica”.
In ogni caso il territorio dell’Alta Valle del Tevere, così come quello dell’Umbria e delle Marche, proprio perché considerati storicamente zona ad elevata sismicità, sono tenuti costantemente sotto controllo attraverso una fitta rete sismometrica che registra i movimenti sismici.
“La zona che va da Ancona ad Arezzo è tra le più monitorate al mondo dal punto di vista sismico grazie ad un impegno importante da parte dell’INGV”, dichiara il prof. Menichetti che aggiunge: “non è possibile fare previsioni futuro, ma per fortuna, sappiamo con buona probabilità quali sono le aree in cui possono avvenire forti terremoti e quale intensità massima potrebbero raggiungere. Sta poi a noi costruire edifici in grado di resistere alle sollecitazioni impresse dai terremoti”.